Caregiver day: 30 maggio

La terza giornata del caregiver day si è svolta all’interno dell’Auditorium della Biblioteca Loria di Carpi, e si è sviluppata in due eventi convegnistici sul tema dell’integrazione socio-sanitaria, al mattino, e su quello legato a occupazione e contrattualistica, al pomeriggio.

Il primo incontro è stato introdotto dal neo sindaco di Carpi Alberto Bellelli che ha posto alla base del suo discorso uno dei temi fondanti dell’evento: la programmazione di un servizio di assistenza domiciliare innovativo ed inclusivo come soluzione alla crescente domanda di cura dei cittadini. La parola è passata poi ad una caregiver familiare, la signora Paola Neri, che ha messo in luce alcune criticità del sistema socio-sanitario in termini di attenzione all’utente, completezza dell’informazione e accompagnamento, riportando una propria esperienza personale. Questa testimonianza è stata un importante spunto per tutti i relatori della mattinata che non hanno mai dimenticato il punto di vista della famiglia fatta di assistito e caregiver familiare.

Anna Banchero, coordinatore scientifico del progetto europeo AIDA e Coordinatore della Commissione delle Politiche Sociali all’interno della Conferenza delle Regioni, ha riportato i risultati del progetto AIDA riguardanti le Linee Guida Nazionali in materia di integrazione socio-sanitaria per soggetti fragili. Questo documento riconosce ai familiari delle persone assistite ruoli e funzioni e definisce anche servizi e strumenti di supporto che mirano a ridurre il carico assistenziale dei caregiver, come ad esempio interventi di formazione e/o di sollievo. Inoltre le linee guide riconoscono il ruolo svolto dalle assistenti familiari (le “badanti”) come pezzo imprescindibile del sistema di servizi.

Altri temi affrontati dalla dott.ssa Banchero sono stati l’inclusione del caregiver all’interno del Piano di Assistenza Individualizzato (P.A.I.), che è diventato lo strumento per definire il “patto assistenziale” con la famiglia a fronte di prestazioni e di erogazioni monetarie per assistere la persona non autosufficiente.

In seguito, diversi relatori si sono alternati riportando buone pratiche sviluppate in diversi territori d’Italia in termini di integrazione socio-sanitaria. La prima esperienza presentata da Alfonsina Rinaldi, esperta di Politiche sociali dal titolo il Codice d’Argento, è stata promossa dall’Ospedale San Martino di Genova, ed ha offerto una risposta all’esigenza assistenziale immediata successiva alla dimissione ospedaliera, una problematica che molti familiari si trovano attualmente ad affrontare in solitudine, cercando autonomamente risposte che non sempre il territorio è in grado di dare con la necessaria rapidità ed efficacia.

Successivamente Fulvio Lonati, Responsabile del Dipartimento Cure Primarie dell’ASL di Brescia, ha spiegato cosa si intende per governo clinico dei medici di medicina generale, riportando l’esempio della ASL in cui opera, dove, per rispondere alle esigenze del paziente con bisogni complessi si è lavorato molto sulla personalizzazione del PIP (Piano Individuale Personale). Tra le misure adottate vi sono state: la promozione degli stili di vita, l’educazione terapeutica e la formazione del caregiver familiare attraverso vere e proprie scuole di assistenza familiare.

Isabella Menichini, direttore del settore Servizi per persone con disabilità, salute mentale e domiciliarità del Comune di Milano ha riportato in seguito, le sfide affrontate attualmente dal Comune di Milano, che sta cercando di riorganizzare i servizi in oggetto focalizzandosi sul potenziamento della domicialirità e delle residenze leggere. L’obiettivo è quello di superare la frammentazione dei servizi per dirigersi verso la costruzione di una piattaforma trans-funzionale di operatori qualificati.

Per dare l’idea di cosa si sta facendo sul piano tecnologico in supporto ai familiare che si prende cura, Cristina Bedon di Telemedware srl. ha illustrato un nuovo prodotto di telemedicina che, in realizzazione con la collaborazione di Anziani e non solo, mira a mantenere al centro paziente e caregiver nella relazione con gli operatori sanitari. Di nuovo viene fatto riferimento all’esigenza di informare e formare i caregiver da un lato e gli operatori socio-assistenziali dall’altro, per creare delle vere e proprie reti di accesso alle informazioni con contenuti multimediali.

Il dottor Claudio Vagnini, ha illustrato il progetto “Dimissioni protette”, in cui la funzione del Punto Unico di Accesso Socio-Sanitario (PUA) è quella di garantire una risposta appropriata soprattutto per i pazienti in dimissioni dagli ospedali e di promuovere prioritariamente la domiciliarità. Il progetto promuove inoltre la continuità di cura e di assistenza ai pazienti fragili dimessi dai reparti ospedalieri e passa per cinque passi: (1) la segnalazione dal reparto; (2) il contatto telefonico con i Servizi Sociali; (3) la Visita congiunta Infermieri e assistenti sociali in reparto; (4) il colloquio con i familiari; (5) il contatto telefonico MMG, (6) l’attivazione del progetto individuale e (7) la Proposta del Progetto Individuale.

Il progetto “Anziani” sulla Valutazione multidimensionale dell’anziano in Pronto Soccorso, è stato invece presentato dalla dott.ssa Alessandra Colantoni, geriatra-AOU del policlinico di Modena. L’intervento, oltre ad analizzare le caratteristiche dell’utenza anziana e dei suoi bisogni, ha evidenziato una serie di criticità specifiche incontrate da questa categoria di persone dalle quale emerge l’importanza di lavorare a fondo sulla promozione di una cultura geriatrica passando dal “to cure” al “to care”. Infatti uno degli obiettivi di questo progetto è il miglioramento dell’efficacia e della qualità della gestione del paziente anziano in Pronto Soccorso. Un’altra iniziativa importante promossa dal Policlinico di Modena in collaborazione con la cooperativa Anziani e non solo è stata la formazione degli operatori sanitari sulle tematiche del caregiver familiare e l’utilizzo del Caregiver burden inventory con lo scopo di valutare i diversi fattori di stress per questa figura: carico oggettivo, carico psicologico, carico fisico, carico sociale, carico emotivo.

I lavori della mattinata sono stati chiusi da Raffaele Fabrizio, Responsabile del Servizio Governo della Integrazione socio sanitaria,della Regione Emilia Romagna, che, richiamate le linee di intervento della Regione Emilia Romagna a sostegno dell’integrazione sociosanitaria, si è complimentato con la qualità delle buone pratiche presentate augurandosi che in futuro possano essere implementate in un sistema organicamente integrato.

L’incontro del pomeriggio, moderato da Federico Boccaletti della Cooperativa Anziani e non solo, si è concentrato su criticità ed opportunità del lavoro di cura da un punto di vista occupazionale.

Gli interventi sono stati aperti da Natale Forlani, DG immigrazione e delle politiche di integrazione, Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, che ha illustrato le 4 risposte che si stanno dando attualmente alla domanda di cura: (1) servizi forniti da enti pubblici; (2) beni e servizi sostenibili forniti da organizzazioni del privato sociale; (3) lavoro sommerso; (4) sostegno offerto dal sistema informale caratterizzato da volontari e cargiver. Nella sua introduzione, Forlani ha spiega come in Italia l’apporto che il pubblico dà a questo settore è sotto la media europea, mentre molto, a causa dei cambiamenti demografici e sociologici
da un lato e della conseguenza della crisi economica dall’altro, viene delegato a famiglie, volontari e lavoro nero Tale situazione, non sostenibile nel lungo periodo, potrebbe trovare una soluzione, attraverso due strade: a) promozione di agevolazioni fiscali e semplificazione dell’accesso ai servizi sul modello francese del CESU e b) valorizzazione della cultura della cura.

Successivamente Rosa Amorevole, Consigliera di Parità Regione Emilia Romagna, ha evidenziato il nesso tra lavoro di cura e ruolo della donna (la maggior parte dei caregiver è donna) soffermandosi sull’importanza di ampliare il concetto e l’applicazione della conciliazione, oggi focalizzata al tema della maternità e non a quello del caregiving a persone anziane e/o non autosufficienti. Quindi conciliazione (tenendo conto delle diverse tipologie di contratto esistenti) come strumento per facilitare donne e non solo, nel restare nel mondo del lavoro, Concetta Maria Vaccaro, Responsabile dell’Area Welfare del Censis, ha ribadito il quadro presentato da Forlani, in cui la risposta italiana alle sfide lanciate dal fenomeno dell’invecchiamento della popolazione è costituita dal welfare della famiglia. Assunto dimostrato anche dai dati raccolti da CENSIS in collaborazione con diverse associazioni nazionali che supportano familiari che assistono propri cari con patologie quali Ictus, Alzheimer,… che mostrano come il caregiver primario è quasi sempre donna: madre o moglie della persona che ha necessita’ di assistenza e si occupa di attività diverse che vanno dal supporto alla mobilizzazione e all’alimentazione alla somministrazione dei farmaci fino all’aiuto economico. Tra gli altri, aspetti interessanti emersi dalla ricerca condotta dal Censis sono: I) la provenienza geografica e il genere del caregiver incidono sulla condivisione della presa in carico. In particolare se il caregiver è donna e vive nell’Italia settentrionale tende ad accentrare le attività di caregiving su di sé; II) la donna caregiver rispetto all’uomo ha maggiori difficoltà a mantenere la stessa tipologia di contratto di lavoro (da full time sovente passa a part-time) e spesso perde il posto; III) la situazione che spaventa maggiormente è il “dopo di noi” anche a causa della mancanza di una rete di servizi organizzata allo scopo;ciò che invece potrebbe cambiare significativamente la qualità della vita di assistito e caregiver. In seguito l’incontro si è trasformato in un vero e proprio confronto sul tema tra i riferenti di alcuni dei principali Patronati Italiani: Morena Piccinini, Presidente dell’INCA CGIL, Valter Marani, Direttore Generale Epasa-CNA e Marco Calvetto, Responsabile del progetto lavoro del Patronato ACLI. Dal confronto sono emerse considerazioni che possono contribuire a rendere il lavoro di cura una vera opportunità occupazionale: riaffermare l’importanza del segretariato sociale introdotto dalla Legge 328; promuovere il riconoscimento del caregiver attraverso un compenso non solo monetario ma anche in termini di pacchetto di servizio; riorganizzare le risorse per aiutare l’emersione dal lavoro nero; rendere la Legge 104 una strada percorribile anche per i lavoratori precari; rendere l’assunzione della “badante” più vantaggiosa della condizione di irregolarità tramite la defiscalizzazione completa sul modello Césu francese; migliorare la sinergia tra gli sportelli dei patronati e quelli del terzo settore. Questi alcuni dei passi che si possono fare per dare una nuova prospettiva al lavoro di cura e alle persone che in esso operano.

Federico Boccaletti ha concluso i lavori ringraziando i relatori per la qualità dei contributi apportati ed evidenziato l’impegno a sviluppare sul territorio azioni mirati a dare concretezza ad un patto per il lavoro di cura regolare e qualificato.

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